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Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi

Regista

2025

Motivazione

Nell’anno in cui la Capitale europea della cultura si fa doppia, come nello straordinario caso transfrontaliero di Nova Gorica e Gorizia, abbiamo voluto raddoppiare anche il Premio Darko Bratina, così intimamente legato a questa duplice cultura, sospesa tra Oriente e Occidente. Abbiamo dunque scelto di attribuirlo a due autori cinematografici provenienti da due mondi diversi: da una parte l’Est, con Béla Tarr, immenso maestro ungherese capace di narrare la maledizione e la resistenza di un mondo in frantumi; dall’altra l’Ovest – o meglio, due voci unite, (anche se uno è di origine Armena) Yervant Gianikian e Angela Ricci-Lucchi che in cinquant’anni hanno dato vita a un cinema inedito. Un cinema nato da immagini ritrovate, non loro personali, ma di tutti noi, che ha saputo tessere la memoria del mondo umano (basti pensare alle pellicole composte a partire dai filmati girati da Luca Comerio durante la Prima guerra mondiale). Con le loro opere hanno attraversato il mondo dimostrando che il cinema nasce lungo i percorsi della libertà, del dialogo, della poesia e dell’indipendenza di scelte anticonvenzionali, esigenti e dinamiche.

Entrambi i premiati, con il loro lavoro creativo, hanno tracciato nuove strade per uno sguardo diverso sul cinema, capace di oltrepassare confini geografici e linguistici. Le loro visioni hanno aperto spazi di riflessione sulla storia, sulla società e sull’arte, insegnandoci che il cinema è luogo di incontro tra culture, memorie e destini umani.

 

Biografia

Yervant Gianikian, architetto di origine armena, e Angela Ricci Lucchi, pittrice italiana, sono stati una coppia nella vita e nell’arte: per oltre quattro decenni hanno usato il cinema come strumento di riflessione sulle immagini e sulla loro ambiguità. Negli anni Settanta si presentano ai festival internazionali con i loro “film profumati”, in cui intrecciavano cinema e arte ambientale attraverso fragranze e gesti performativi. Ben presto si dedicano alla ricerca d’archivio e, nei loro viaggi, riportano alla luce pellicole dimenticate di pionieri come Luca Comerio o film provenienti da aree sconvolte da guerre e conflitti – Jugoslavia, Armenia, Africa, India. Questi fragili materiali venivano da loro salvati e rielaborati con la loro “cinepresa analitica”, un dispositivo per la proiezione manuale, la ricopiatura e la colorazione, che evocava le origini del cinema. Così nascevano nuove narrazioni, capaci di rivelare strati nascosti delle immagini e di mostrare come anche il documentario, in quanto genere, porti con sé ambiguità e zone d’ombra. Il loro lavoro ha spalancato lo sguardo sui lati oscuri della storia: la violenza coloniale, le guerre, le migrazioni, gli esili. Al centro hanno sempre posto le moltitudini – i vinti, gli anonimi, gli invisibili – che nei loro film diventano voci della storia e simbolo della condizione umana in senso universale e corale. Angela è scomparsa nel febbraio del 2018.